Alzheimer, la ricerca continua a fare passi in avanti: il meccanismo all’origine della malattia
I ricercatori italiani dell’ Università Campus Bio-Medico, Centro Nazionale delle Ricerche e Fondazione Irccs Santa Lucia hanno svolto una ricerca che oggi aggiunge un nuovo tassello nella comprensione dei meccanismi fisiopatologici alla base della malattia. La scoperta è stata pubblicata sulla rivista «Nature Communications».
Il ruolo chiave della dopamina
Da decenni la malattia di Alzheimer viene studiata da esperi di tutto il mondo e ancor oggi per questa patologia che affligge molte persone anziane la medicina non ha trovato una cura.
Il gruppo di ricercatori italiani coordinati dal dott. Marcello D’Amelio ha scoperto che la perdita neuronale tipica dell’Alzheimer non avverrebbe nell’ippocampo bensì nell’area tegmentale ventrale, una zona del mesencefalo legata ai meccanismi di regolazione dell’umore. In questa area viene sintetizzato un neurotrasmettitore che gioca un ruolo fondamentale: la dopamina.
La dopamina viaggia dall’area tegmentale ventrale verso l’ippocampo ma se vengono a mancare i neuroni nell’area tegmentale ne consegue che la sorgente di dopamina è danneggiata, si verifica un deficit a livello dell’ippotalamo e di qui si genera il danno alla memoria.
Depressione e Alzheimer, esiste un possibile legame?
Da quanto emerge da questa ricerca sembrerebbe possibile stabilire un legame tra la malattia di Alzheimer e la depressione. E’ provato che l’area tegmentale ventrale rilascia la dopamina anche nel nucleo accumbens, l’area che controlla la gratificazione e i disturbi dell’umore, garantendone il buon funzionamento. Per cui, con la degenerazione dei neuroni che producono dopamina, aumenta anche il rischio di andare incontro a progressiva perdita di iniziativa, indice di un’alterazione dell’umore che si riscontra nei malati di Alzheimer. Pertanto i cambiamenti nel tono dell’umore che spesso sono concomitanti agli episodi di perdita di memoria non sarebbero una conseguenza della comparsa dell’Alzheimer, ma potrebbero rappresentare «una sorta di campanello d’allarme, dietro il quale si nasconde l’inizio subdolo della malattia: perdita di memoria e depressione sono due facce della stessa medaglia».
Il futuro della ricerca
Questa ricerca apre nuove prospettive e sicuramente da adesso in avanti si cercherà di indagare in modo approfondito l’area tegmentale ventrale che fino ad ora non era ancora studiata a fondo essendo molto profonda e difficile da raggiungere. Lo studio inoltre apre nuove prospettive anche per la comprensione di altre malattie come ad esempio il morbo di Parkinson che è causato dalla morte dei neuroni che producono dopamina. Potrebbe essere possibile studiare future tecniche terapeutiche che contrastino in modo selettivo la morte e la degenerazione di questi specifici neuroni.